martedì 29 aprile 2008

La Cina è ancora più vicina


Il razzismo di oggi non è più quello di cent'anni fa. Allora si parlava di razze intrinsecamente superiori e inferiori, non si sapeva ancora nulla del DNA ma già si tentava di capire qualcosa dell'ereditarietà, per cui gli ebrei erano tutti strozzini perché fisiologicamente portati a quello, i neri neanche a parlarne, solo bestie da soma.
Oggi il razzismo è molto più sottile e seducente: è culturale. I cinesi si mettono a copiare tutto perché è la loro cultura, così come i rom vanno a rubare perché non hanno la cultura del lavoro.

Non mi nasconderò dietro un dito: questa interpretazione mi tenta. Innanzitutto perché palesemente vera: nessuno potrà farmi credere che un cinese ragioni allo stesso modo di un italiano o di un sudamericano, non perché "geneticamente" diverso, solo perché nato e cresciuto in un ambiente che ti propone dei modelli che sono diversi da quelli di altre culture. Sta poi al singolo tentare di elevarsi al di sopra dell'ambiente in cui è cresciuto per raggiungere delle verità proprie, indipendenti.

Ciò detto, è molto grave quello che leggo su La Stefani, settimanale bolognese online. In questa inchiesta sui cinesi a Bologna, spicca il commento di una persona istruita, il primo cinese laureato in medicina in Italia, che dice:

Voi non capite. Siete nati con un fiocco in testa, con un’identità.

Si arrabbia quando sente dei laboratori clandestini gestiti dai cinesi.

Non c’è nessuno con un mitra puntato che costringe i lavoratori a stare lì. Spesso ci stanno perché vogliono starci. Cosa volete che sia lavorare per 5 euro l’ora per 10 anni se alla fine ti viene garantita un’identità? È un regalo, non è sfruttamento.
Soltanto perché ora siete più avanti nel campo dei diritti umani, volete arrogarvi il diritto di imporre le vostre regole in tutto il mondo.

Poi uno si chiede come mai la Lega vince le elezioni.

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