giovedì 21 luglio 2011

I nazisti dell'Illinois, fase 4


A grande richiesta nazional-popolare torna la nostra rubrica I nazisti dell'Illinois, dedicata alla recensione di film che non ho visto. Il film di oggi tanto nazional-popolare non è, e devo essere sincero, un po' mi piange il cuore, perché se un film finisce su I nazisti dell'Illinois, una recensione positiva non è probabile. Dicevo, il film di oggi è The tree of life, di Terrence Malick.

Sostanzialmente The tree of life è la storia di una famiglia americana, nascite, amori, lutti. Babbo cattivo e mamma buona. Praticamente una telenovela, solo che Dallas passa per robaccia e The tree of life per capolavoro. Perché? Semplice. La voce off.

La voce off per un cinematografaro è come l'edera per un architetto. Fa figo e non impegna, cela la magagna, e innalza di due tacche il tono. In realtà c'è anche un'altra cosa che copre le magagne per un cinematografaro, cioè le tette. Così almeno dicono. Io personalmente ritengo che se un film non ha tette né astronavi non valga la pena di esser visto, ma that's just me. Chissà se ci sono tette in questo film. O astronavi. Non avendolo visto, non saprei. Certo che però, essendoci in The tree of life dinosauri, supernovae, il big bang, non mi sorprenderebbe affatto ci fosse anche qualche astronave. Al limite anche qualche tetta. Ma whatever.

The tree of life è un discorso allegorico panuniversale sul rapporto uomo-natura, sul cosmo, su fato, destino e libertà individuale, sull'Esistenza e il Singolo, Possibilità, Angoscia e Disperazione, Alfa e Omega, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri e Picchi, Harpo, Chico e Zeppo (Groucho compare solo nel prefinale), An, Ghin, Gò, tre civette sul comò. Ed è proprio alle tre civette sul comò che è dedicata la sequenza più emozionante e magistrale, quando su un fondale completamente nero, anche l'audio si azzera, il film si ferma, e anche il proiezionista va a farsi una canna nel vicolo dietro il cinema.

The tree of life è la risposta alla domanda: "Quanta corda posso tirare, prima che la corda si spezzi e anche l'ultimo dei critici si chieda «ma che cacchio era quello?»"

Un consiglio personale a Malick, e a qualunque altro si voglia cimentare nella settima arte. Non fate dire mai, MAI, a nessun personaggio dei vostri film la domanda: "Ti fidi di me?" Noi ci siamo fidati di Lost, in cui la dicevano tre volte a puntata, e guarda dove ce la siamo presa. No, Terrence, non ci fidiamo.