
Qualche tempo fa mia sorella
Semalutia mi ha prestato un paio di libri da leggere:
La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano e
L'eleganza del riccio di Muriel Barbery. Ora che ho finito di leggere entrambi posso darne un giudizio, anche se la letteratura non è il mio forte e non ne capisco niente.
La solitudine dei numeri primi è un gran bel libro. Il personaggio principale è uno scienziato, lo scrittore pure, quindi punti a favore. La storia, praticamente, non c'è: il libro si regge sulle particolarità dei personaggi (un ragazzino - poi adulto - con un terribile segreto e quasi autistico e una ragazzina - poi adulta - con una menomazione fisica). Detto così potrebbe sembrar banale, ma banale è proprio tutto quello che il libro non è: i personaggi non fanno mai quello che ci si aspetterebbe, o quello per cui si tifa. Non fanno, sostanzialmente, niente, ma nonostante questo riescono ad evitare la "sindrome da Dr. House", per il quale l'interesse è tutto nel personaggio: quello che fanno - o non fanno - è realmente specchio dei loro caratteri. Inoltre, il libro è corto, ed evita così l'effetto "salto dello squalo" che il dr. House ha ampiamente superato.
L'eleganza del riccio, invece, è proprio brutto. Innanzitutto è scritto da una francese, e già lì partiamo male. Anche qua, come protagonisti ci sono due personaggi particolari: la prima è una portinaia di un condominio di lusso, indaffarata a perpetrare lo stereotipo della portinaia incolta dedita a guardare soap opera, mentre invece si diletta a leggere i classici della letteratura russa e i filosofi, nascondendolo al mondo; la seconda è una ragazzina, figlia di una famiglia ricca, che abita in uno degli appartamenti di lusso del condominio, infelice perché "intelligente" e con un piano per suicidarsi il giorno del suo compleanno.
Ora, dico. A chi diavolo dovrebbe fregare se una portinaia legge Voltaire? Perché affannarsi a nasconderlo? Inoltre, quale interesse possono avere due personaggi che non fanno altro che dire di se stessi "quanto sono intelligente, sono troppo intelligente". Ritengono spazzatura tutti quelli che non hanno mai letto un libro di Balzac o di Dostoevski, come se l'intelligenza delle persone si misurasse nel numero di classici letti.
Uno dei personaggi, un nuovo arrivato nel condominio, si chiama in maniera assolutamente pretestuosa Ozu, rifacendosi ad un regista considerato il padre del cinema giapponese. Non che abbia assolutamente niente a che fare con la storia: serve solo all'ego della scrittrice per far sapere che conosce questo misconosciuto regista e guardare dall'alto in basso i suoi stupidi lettori. Mi spiace, Muriel, ma ne ho visti circa una ventina di film di Ozu, ti è andata male con me.
Inoltre, è un libro francese. Sì, lo so che l'ho già detto, ma lo ripeto. È francese, nel senso più deleterio del termine (non che ce ne sia uno positivo). Vi riporto qualche passo:
Le nature morte di Pieter Claesz, di Willem Claesz Heda, di Willem Kalf e di Osias Beert sono i capolavori del genere - semplicemente dei capolavori, per i quali senza un attimo di esitazione cederei tutto il Quattrocento italiano.
E allora si vede che non hai capito un cazzo di pittura. Scusa il francesismo.
Oppure, andando nel bagno del signor Ozu:
Tutto questo candore è comunque smorzato da una spessa, morbida, setosa, satinata e carezzevole moquette giallo sole, che salva il luogo da un'atmosfera ospedaliera. [...] la delicata morbidezza di una moquette solare sono, in fatto di WC, le condizioni stesse dell'adeguatezza.
Dai, su, non scherziamo. Solo un francese potrebbe trovare adeguata la moquette in bagno. Io, personalmente, rabbrividisco.