
Uno dei giochini che preferisco è quello in cui ognuno deve nominare tre pregi e tre difetti di se stessi. Di solito ognuno si attribuisce difetti assolutamente veniali come "sono goloso" oppure "sono pigro", cazzate del genere. I pregi, per contro, sono della serie: "sono fedele", "sono altruista", spettacolari, meravigliosi. Se fosse vero nel mondo guideremmo già tutti auto a idrogeno, vivremmo sulla Luna e avremmo cancellato parole come razzismo e stupidità dal vocabolario.
Qualche tempo fa, in una surreale cena tra amici di amici di amici (praticamente nessuno conosceva nessuno), era venuto fuori questo giochino. Ascoltare gli altri lodarsi e minimizzare i propri difetti è davvero istruttivo. A quel punto non ho potuto far altro che cercare di descrivermi nella luce peggiore possibile - tanto chi li rivede più? - e guardare con soddisfazione le facce degli altri, tra il disgustato e l'incredulo. Al mio "non credo in nulla e non mi importa di nessuno" c'è stato un mezzo moto di rivolta, ma chissenefrega.
Uno dei "difetti" che le persone si attribuiscono è il classico "io so' bono e caro ma quanno me 'ncazzo..." che vorrebbe conciliare la positività del "non faccio del male a nessuno" con un tentativo di intimidire l'interlocutore, di fargli sapere che anche se ho un viso mansueto forse non è il caso di mettermi i piedi in testa perché poi scatta la rappresaglia.
A volte sono tentato anche io di attribuirmi questo "difetto". Poi ci penso e mi rendo conto che in realtà non è vero, perché non mi sono ancora mai incazzato davvero. E non so se sono capace di farlo, il che è anche peggio. È un assegno in bianco con scritto il mio nome a chi davvero mi vuol mettere i piedi in testa, è un "to', fai del tuo peggio".
Ad ogni incrocio della strada, transitando in bicicletta, provo quasi un fremito, un desiderio che la macchina che passa all'altro braccio dell'incrocio non si fermi e mi venga addosso, non per masochismo, ma semplicemente per urlargli contro tutto quello che mi viene in mente, spaccargli il cofano a pugni e a testate. Uno psicologo forse lo chiamerebbe rabbia repressa, e in questi momenti, ma solo in questi, sento che potrei davvero far mia questa definizione, il "bono e caro ma". In tutti gli altri momenti della mia vita, quando qualcuno mi passa coi tacchi sulla testa, mi accorgo che l'unica cosa che cerco in realtà è solo evitare che mi faccia troppo male.